venerdì 12 luglio 2013

Una villa estiva in Lapponia




La sinistra italiana che tale ama definirsi, sinistra, rivendicando per sé il monopolio del termine, incapace come i Quadrati e Triangoli di Flatland di concepire qualunque dimensione che non sia la piattezza, è un po’ come la villa estiva in Lapponia di cui parla Hoffmann ne “Il vaso d’oro’’, o come “ l’ateo di ascendenza puritana “ termine con cui Lovecraft si divertiva a descrivere se stesso. Un non sense, una schizofrenia del linguaggio oltre che una pratica di personalità multiple e recidive. 

Non che questa sinistra disdegni altri tipi di linguaggio fantastico, ai margini della follia. Che so “il pelo peloso” del Basile scrittore o la “zuppa zuppetta” di carrolliana memoria. Una certa tendenza la inclina al barocco, che è arte di arenaria, di terre fragili, amante delle doppie scale in grado di condurre alla medesima entrata. Simula la figura (mai con Berlusconi), illude con il trompe l'oeil (Berlusconi non è Stato), è gioco di specchi e di parvenze (il mai del mai che si promise) 

La sinistra italiana che naturalmente non è sinistra, ma prende se stessa come punto cardinale, zenit assoluto rispetto al quale gli altri hanno da autocertificarsi, da identificarsi geometricamente e collocarsi come creature politiche, non disdegna scene madri (quelli che nessun altro governo era possibile), grandezza morale (quelli che si sono presi la responsabilità di governare), agnizioni (quelli che gli altri sono tutti fascisti), colpi di scena (gli eroici sicari di Prodi e Rodotà).

Se per ogni autore è possibile definire un lettore, Hemingway e i cultori dell’altrove, Proust e i suoi labirintici seguaci, che pensare degli amanti di questa lingua poliforme, centauro dalle mille teste, trionfo d’ogni limite linguistico? 

Devono essere quelli del divisionismo, nuova corrente letteraria prima che politica, dal principio retorico mai dividere chi non divide, mai separare chi non separa. I cultori della lingua rotonda, cerchiobottista, moneta a due facce, vuota da una parte, ma piena di odio e livore per chi ne ha nausea.   

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